Di recente, con l’ordinanza n. 3804/2023, la Corte di Cassazione è tornata sul tema della tassazione del danno da demansionamento e, in particolar modo, sulla questione della imponibilità fiscale del danno da perdita di chanche.
La questione è molto rilevante, nella pratica, perché quando ci si imbatte nelle questioni di danno da demansionamento che possono condurre a un risarcimento è necessario conoscere quale sia la tassazione.
Il problema della tassazione del danno da demansionamento
La Suprema Corte nell’ordinanza ha negato che le somme corrisposta a titolo di risarcimento del danno conseguente a perdita di chanche possano essere assimilabili ai redditi richiamandosi dunque (e in qualche modo dandone concreta attuazione) a un orientamento che aveva già fatto proprio in una più risalente sentenza, ossia la n. 11682 del 2007, ove veniva espressa la seguente massima: “In tema di imposte sui redditi, alla luce dell’art. 6, comma 2 d.p.r. 22 dicembre 1986 n. 917, le somme percepite dal contribuente a titolo risarcitorio costituiscono reddito imponibile nella misura in cui abbiano la funzione di reintegrare un danno concretatosi nella mancata percezione di redditi”; la stessa posizione era altresì stata rafforzata nella più recente sentenza n. 5108/2019, richiamata nelle motivazioni della sentenza, a sua volta massimata come segue: “In tema di imposte sui redditi da lavoro dipendente, le somme percepite dal contribuente a titolo risarcitorio sono soggette a tassazione solo se, ed entro i limiti in cui, siano volte a reintegrare un danno concretatosi nella mancata percezione di redditi (cd. lucro cessante), mentre non sono assoggettabili a tassazione quelle intese a riparare un pregiudizio di natura diversa (cd. danno emergente).”
In sintesi, le somme dirette a reintegrare la diminuzione patrimoniale subita dal soggetto danneggiato, a titolo di danno emergente, non sono soggette ad imposizione atteso che non hanno natura sostitutiva del reddito; per capire quale sia la tassazione del danno da demansionamento, quindi, diviene indispensabile capire se il danno da perdita di chanche, debba essere considerato reintegratorio di un reddito (dunque lucro cessante, sottoponibile a imposizione) oppure esorbitante da tale nozione (e pertanto esonerato da ogni trattenuta fiscale).
La Cassazione, sulla scia di numerosi precedenti omologhi richiamati nella motivazione della sentenza, si è espressa per la seconda tesi, motivando in modo chiaro che “Il titolo al risarcimento del danno, connesso alla perdita di chanche, non ha natura reddituale, poiché consiste nel ristoro del danno emergente della perdita di una possibilità attuale; ne consegue che la chanche è anch’essa un’entità patrimoniale giuridicamente ed economicamente valutabile, la cui perdita produce un danno attuale e risarcibile, qualora si accerti, anche utilizzando elementi presuntivi, la ragionevole probabilità della esistenza di detta chanche intesa come attitudine attuale”.
Conclusioni
Sembra finalmente che la Cassazione abbia messo un punto definitivo sulla questione, che potrebbe avere utilità anche in ottica deflattiva del contenzioso, scoraggiando l’Agenzia delle entrate dall’emettere avvisi di accertamento aventi per oggetto titoli di simile natura.
Le recenti determinazioni dell’Agenzia delle entrate (Risposta ad interpello 185/2022) impongono una riflessione sulla definizione del regime fiscale intorno al danno da demansionamento; in particolare, l’Agenzia sposa l’indirizzo giurisprudenziale secondo cui la perdita della possibilità di conseguire un risultato, conseguente al demansionamento, è un bene della vita autonomo rispetto al risultato in sé e, perciò, suscettivo di valutazione come separato evento di danno.
La valorizzazione della chance come posta attiva del patrimonio consente di ritenere le somme erogate come reintegrative del patrimonio e, pertanto, prive di rilevanza reddituale ai sensi dell’art. 6, comma 2, T.U.I.R. Tuttavia, l’inquadramento giuridico-dogmatico della chance nell’ambito del danno da demansionamento è tutt’ora discusso.
In relazione al demansionamento del lavoratore, la chance è forma di danno emergente secondo la c.d. teoria ontologica, poiché la possibilità di conseguire un dato risultato è un’attitudine attuale del danneggiato e, dunque, posta attiva del patrimonio professionale; al contrario, la teoria eziologica vede la chance come criterio di accertamento del nesso eziologico tra condotta ed evento e, perciò, la fa confluire nelle conseguenze dannose discendenti dal fatto illecito.
Insomma, il problema della tassazione del danno da demansionamento è tutt’altro che risolto.

Mi chiamo Andrea Mannino e sono un avvocato specializzato in Diritto del Lavoro.
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