Quid iuris in caso di preavviso non lavorato dal dipendente, che cosa accade?
In linea generale, in caso di preavviso non lavorato dal dipendente il datore di lavoro ha diritto a trattenere sulle competenze di fine rapporto dovute al dipendente una indennità pari al preavviso non lavorato. Questa è la risposta generale ma ci sono una serie di precisazioni da fare per i singoli casi che vediamo nel prosieguo dell’articolo.
Quando il rapporto di lavoro viene interrotto per volontà di una delle parti, l’altra ha diritto a ricevere un periodo di preavviso, che ha la funzione di consentire alla parte che subisce il recesso di individuare soluzioni alternative.
Se, ad esempio, il dipendente decide di rassegnare le dimissioni, in genere lo stesso è tenuto a osservare un periodo di preavviso nel corso del quale continua a svolgere la sua prestazione ed utile al datore di lavoro per trovare un’altra risorsa e impostare il passaggio di consegne.
Il periodo di preavviso è stabilito dal contratto collettivo applicato al rapporto e di solito ha una durata variabile a seconda sia del livello di inquadramento del dipendente che della sua anzianità di servizio.
Come funzionano le trattenute del preavviso non lavorato dal dipendente?
Se il dipendente non osserva il periodo di preavviso, allora si versa, appunto, nel caso di preavviso non lavorato dal dipendente. In questo caso, il datore di lavoro ha diritto a trattenere sulle competenze del dipendente un valore pari al periodo di preavviso non lavorato. Si tratta di una trattenuta netta, attenzione! Facendo un esempio, se la retribuzione lorda del dipendente è di 2.000 euro e il periodo di preavviso è di un mese, allora al dipendente, in caso di preavviso non lavorato, verrà operata una trattenuta netta di 2.000 euro.
È quindi evidente come il lavoratore, specialmente in casi di retribuzioni elevate e obblighi di preavviso lunghi (che possono anche arrivare a 6 mesi) deve compiere una attenta valutazione in caso di preavviso non lavorato.
È bene però precisare che il caso sopra descritto è quello in cui il dipendente decida di non osservare il periodo di preavviso e il datore di lavoro avesse interesse a che detto preavviso fosse lavorato.
Vi sono altri casi in cui il preavviso non lavorato dal dipendente conduce a esiti diversi.
C’è in primo luogo l’ipotesi in cui le parti si mettano d’accordo perché il preavviso non sia lavorato dal dipendente. In tal caso il rapporto di lavoro cessa nel giorno convenuto senza reciproci obblighi relativi al preavviso. Il preavviso non lavorato dal dipendente in questo caso non viene pagato dal datore di lavoro e non viene trattenuto al dipendente.
Esite poi il caso in cui il dipendente si renda disponibile a svolgere il preavviso ma il datore di lavoro gli chieda di non lavorarlo; in detti casi l’orientamento prevalente era che al dipendente competesse il pagamento dell’indennità di preavviso per il periodo in cui gli era stato chiesto di non lavorare. Un orientamento di cassazione più recente, però, ha affermato che al lavoratore non competa alcuna indennità per il periodo di preavviso non lavorato.
Infine, si consideri che esiste il caso in cui è il datore di lavoro a intimare il licenziamento con preavviso. In questi casi, se è il datore di lavoro a chiedere di non svolgere la prestazione, allora è dovuta al lavoratore l’indennità per il preavviso non lavorato; se è il lavoratore a rifiutarsi di svolgere il preavviso, e fatto sempre salvo il caso di contestazione disciplinare, il datore di lavoro potrà operare una trattenuta netto del preavviso non lavorato sulle competenze dovute al lavoratore.
Considerando che le variabili sono tantissime e le conseguenze del preavviso non lavorato dal dipendente possono essere anche molto pesanti per il lavoratore, suggeriamo caldamente di contattarci qualora vi imbattiate in simili fattispecie.

Mi chiamo Andrea Mannino e sono un avvocato specializzato in Diritto del Lavoro.
Rivolgiti a me per qualunque problema legato alla sfera lavorativa.