Vai al contenuto

Licenziamento per scarso rendimento

Di recente la corte di cassazione è intervenuta nuovamente sulla discussa questione del licenziamento per scarso rendimento. 
La Corte di Cassazione ha così affermato:

È legittimo il licenziamento intimato al lavoratore per scarso rendimento qualora sia provata, sulla scorta della valutazione complessiva dell’attività resa dal lavoratore stesso ed in base agli elementi dimostrati dal datore di lavoro, una evidente violazione della diligente collaborazione dovuta dal dipendente – ed a lui imputabile – in conseguenza dell’enorme sproporzione tra gli obiettivi fissati dai programmi di produzione per il lavoratore e quanto effettivamente realizzato nel periodo di riferimento, tenuto conto della media attività tra i vari dipendenti ed indipendentemente dal conseguimento di una soglia minima di produzione”
Cass., Sez. Lav., ord. 6 aprile 2023, n. 2023

In precedenza la suprema corte aveva affermato che ai fini della legittimità del licenziamento per scarso rendimento fosse necessaria la preventiva affissione di un codice disciplinare.    

Con la nuova ordinanza gli ermellini tornano sulla questione a proposito di un licenziamento per giusta causa irrogato dall’azienda al lavoratore che aveva avuto uno scarso rendimento sulla base di una sentenza della Corte di appello di Venezia che aveva giudicato “notevole” l’inadempimento del lavoratore degli obblighi contrattuali, che, nel caso di specie, si sostanziavano in un esiguo numero di clienti visitati tra il novembre 2015 e l’aprile 2016 (rispettivamente 11 e 12), svolgendo una valutazione comparativa con gli altri lavoratori adibiti al medesimo “ufficio sviluppo” della banca datrice di lavoro, che ne avevano visitati una media di 120.

Stante tale dato oggettivo / quantitativo, la Corte di Appello, i cui ragionamenti vengono ripresi in toto dalla Cassazione, affermava che sarebbe stato onere del lavoratore provare l’impossibilità di eseguire correttamente (o comunque osservando standard conformi a quelli dei colleghi) le prestazioni contrattuali; e tale prova non è stata fornita, con la conseguenza, nel ragionamento del giudicante che appare condivisibile, che tale scarso rendimento, così notevole non solo in valore assoluto nel contesto aziendale, debba essere imputato al lavoratore medesimo quantomeno a titolo di colpa, con conseguente applicabilità non solo della normativa speciale giuslavoristica, ma anche di quella generale in tema di risoluzione del contratto per inadempimento contenuta agli artt. 1453 ss. cod. civ., sulla scia di altri precedenti di legittimità conformi.

Secondo gli insegnamenti giurisprudenziali consolidatisi nel tempo, la scarsa produttività del lavoratore che si qualifichi quale «notevole inadempimento dei suoi obblighi contrattuali» – e, in particolare, dell’obbligo di diligenza di cui all’art. 2104 c.c. – può integrare la fattispecie del licenziamento per scarso rendimento.

Cosa deve dimostrare il datore di lavoro circa la legittimità del licenziamento per scarso rendimento?

La prova circa la legittimità del licenziamento grava sul datore di lavoro, il quale, nello specifico, deve dimostrare:

  • sotto il profilo oggettivo, che il lavoratore ha raggiunto un risultato inferiore rispetto alla media delle prestazioni rese dai colleghi con medesima qualifica e mansione e che lo scostamento registrato sia notevole, cioè assuma i caratteri di una “abnorme” sproporzione tra i risultati messi in paragone nei termini sopra indicati;
  • sotto il profilo soggettivo, invece, che lo scarso rendimento sia imputabile al lavoratore e, dunque, che derivi da sua negligenza o imperizia o, addirittura, dalla sua intenzionalità (in buona sostanza, dovrà escludersi che l’inadeguatezza qualitativa o quantitativa dell’attività del lavoratore non performante sia riconducibile a fattori organizzativi o socio ambientali dell’impresa).

Entrambi gli aspetti, in ogni caso, non possono essere ricondotti a isolati episodi di negligenza lavorativa: il datore di lavoro, al contrario, deve dimostrare che l’anomalo rendimento è riferito ad un arco temporale significativo nel corso del quale è stata richiamata l’attenzione del dipendente circa i propri obblighi di diligenza, anche mediante appositi procedimenti disciplinari.

Sotto il profilo formale ricordiamo che il licenziamento per scarso rendimento va intimato a valle della procedura di contestazione disciplinare di cui all’art. 7, legge n. 300/1970 (Statuto dei lavoratori): il datore di lavoro che intenda recedere dal rapporto di lavoro per le ragioni in esame, dunque, deve contestare per iscritto al lavoratore le circostanze che caratterizzano la sua condotta manchevole nonché consentire a quest’ultimo di esercitare il suo diritto di difesa nei termini di cui allo Statuto medesimo o in quelli diversi previsti dalla contrattazione collettiva applicabile, se di miglior favore. Ai fini della legittimità formale del licenziamento il datore di lavoro, a rigore, deve altresì avere correttamente adempiuto all’obbligo di affissione in luogo accessibile a tutti i dipendenti del codice disciplinare aziendale.

Rispetto alla fattispecie in esame, la giurisprudenza ha riconosciuto la facoltà al datore di lavoro di richiedere il risarcimento dei danni al ricorrere delle condizioni dettate dal codice civile in materia di responsabilità contrattuale e, pertanto, in estrema sintesi, nell’ipotesi in cui il dipendente, con il proprio comportamento manchevole, abbia provocato dei danni a scapito del datore di lavoro che, secondo il tipico schema causa-effetto, risultino eziologicamente connessi all’inadempimento.

È opportuno, per i singoli casi specifici, richiedere un appuntamento cliccando qui sotto.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *