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Licenziamento e disoccupazione: come non perderla

Quando si viene licenziati bisogna affrontare tanti problemi, di carattere economico, professionale e personale. Il nostro sistema normativo supporta le persone che perdono il lavoro mediante alcuni ammortizzatori sociali, e quello senz’altro più utile e noto è quello della NASpI, comunemente conosciuta come indennità di disoccupazione

Quando si subisce un licenziamento e si versa quindi in stato di disoccupazione è però importante capire come non perderla. Molti sono preoccupati perché pensano che nel farsi licenziare si corra il rischio di perdere la disoccupazione e non vogliono rimanere senza. 

Il problema nasce dal fatto che, come regola generale, l’INPS riconosce la disoccupazione ai soggetti che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione. 

Molti quindi pensano che nel caso di licenziamento per giusta causa (ovvero il caso licenziamento disciplinare), essendo teoricamente riconducibile a una colpa del lavoratore, non consenta l’accesso al trattamento di disoccupazione. 

Si tratta tuttavia di una credenza errata. 

Vediamo quindi nel caso di licenziamento e più in generale in quale casi di perdita del posto di lavoro spetta la disoccupazione e come non perderla. 

Quando spetta la disoccupazione e come non perderla

La disoccupazione spetta sicuramente in tutti i casi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo. Spetta quindi quando si perde il posto di lavoro per una pretesa riorganizzazione aziendale, una crisi, una riduzione del personale per contenimento costi, in caso di cessazione dell’attività o di soppressione della posizione. 

Di norma non spetta la disoccupazione in caso di dimissioni o di risoluzione consensuale. Tuttavia spetta la disoccupazione NASPI anche nei seguenti casi:

  • dimissioni per giusta causa, cioè il caso in cui le dimissioni non sono frutto della libera volontà del dipendente. Va però considerato che è spesso dubbio il riconoscimento della disoccupazione (con conseguente rischio concreto di perderla) perché se sussista concretamente o meno la giusta causa compete alla singola unità territoriale di INPS, con la conseguenza che non si può avere certezza di renderla. 
  • dimissioni intervenute durante il periodo tutelato di maternità, ossia a partire da 300 giorni prima della data presunta del parto e fino al compimento del primo anno di vita del bambino;
  • risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, purché sia intervenuta nell’ambito della procedura di conciliazione presso l’ispettorato del lavoro la direzione territoriale del lavoro (quindi i casi di accordo di risoluzione del rapporto nell’ambito di una procedura di licenziamento individuale in imprese medio-grandi);
  • risoluzione consensuale a seguito del rifiuto del lavoratore di trasferirsi presso altra sede della stessa azienda distante più di 50 chilometri dalla residenza del lavoratore e/o mediamente raggiungibile con i mezzi pubblici in 80 minuti o più;
  • licenziamento con accettazione dell’offerta di conciliazione di cui all’articolo 6, decreto legislativo 22/2015;
  • licenziamento disciplinare.

È quindi chiaro come nel farsi licenziare è prevista la possibilità di prendere la disoccupazione e non perderla (e quindi non rimanere senza).

È bene però ricordare che il licenziamento è solo uno dei requisiti per non perdere la disoccupazione. 

Infatti, è necessario poter vantare almeno 13 settimane di contribuzione negli ultimi 4 anni, prestare la domanda nei termini previsti e non appartenere a particolari categorie di lavoratori (es domestici).

È opportuno, per i singoli casi specifici, richiedere un appuntamento cliccando qui sotto.

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