Il 5 dicembre 2017 la suprema Corte di Cassazione, sezione lavoro, con la sentenza n. 29062 si è pronunciata su un caso che atteneva un licenziamento disciplinare intimato ad un lavoratore che ha fruito dei permessi della legge 104/92 ma che, durante gli stessi, non ha prestato assistenza al parente invalido.
Il Lavoratore era stato licenziato perché il datore di lavoro si era servito di un’agenzia investigativa che lo aveva visto, durante il giorno, presso la propria abitazione e non presso l’abitazione della madre disabile. Il datore di lavoro aveva quindi intimato un licenziamento disciplinare contestandogli di aver fruito dei permessi ex l. 104/92 per motivi personali e non assistenziali.
Il lavoratore si è giustificato affermando che aveva prestato assistenza, grazie proprio ai permessi ex art. 104/92, durante la notte e non durante il giorno.
Il Giudice di primo grado ha dichiarato illegittimo il licenziamento disciplinare e disposto la reintegrazione nel posto di lavoro; la corte di appello, pur confermando la pronuncia di illegittimità del licenziamento per giusta causa perché in effetti era stato appurato che i permessi ex l. 104/92 erano stati fruiti durante la notte, ha accolto solo la domanda di risarcimento del danno da illegittimo licenziamento ma non quella di reintegrazione sul posto di lavoro. La corte ha infatti fatto rientrare la condotta del lavoratore, che si è dimostrato si alternasse con altre persone nell’assistenza diurna al parente disabile, nelle “altre ipotesi di licenziamento” e non nella “insussistenza del fatto materiale contestato”, sostenendo come l’assistenza, per essere adeguata, avrebbe dovuto essere prestata in via principale e privilegiata da parte del lavoratore, fruitore dei congedi, e solo in via residuale da altre persone.
E’ infine intervenuta la corte di cassazione che ha affermato, anzitutto, che “insussistenza del fatto” comprende non soltanto i casi in cui il fatto non si sia verificato nella sua materialità, ma anche tutte le ipotesi in cui il fatto posto alla base del licenziamento disciplinare sia privo del carattere di illiceità o di rilevanza giuridica (e, quindi, sostanzialmente inapprezzabile sotto il profilo disciplinare) o non sia imputabile al lavoratore.
La corte ha ritenuto che nel caso di specie, pur risultando materialmente provato che il lavoratore, nelle giornate di permesso ex l. 104/92 fosse lontano dall’abitazione del parente disabile, l’addebito disciplinare non fosse, per ciò solo, sussistente.
Ciò perché risultava provata la circostanza che l’assistenza fosse stata prestata di notte e perché l’assistenza ex l. 104/92 non deve intendersi esclusiva al punto da impedire a chi la offre di dedicare spazi temporali adeguati alle personali esigenze di vita, quali la cura dei propri interessi personali e familiari, oltre alle ordinarie necessità di riposto.
La corte, quindi, ha dichiarato illegittimo il licenziamento per giusta causa intimato, con la conseguenza della reintegrazione nel posto di lavoro.