Quale sia la tassazione che verrà applicata al proprio incentivo all’esodo è una domanda molto frequente che ci viene posta dai clienti che stanno valutando se accettare o meno una proposta di risoluzione incentivata del rapporto di lavoro.
L’incentivo all’esodo infatti può essere definito quale corrispettivo che viene erogato dal datore di lavoro in favore del dipendente che acconsente a cessare il rapporto di lavoro.
La prima cosa che vale quindi la pena di chiarire è che non esiste un diritto all’incentivo all’esodo. Esistono invece situazioni particolari in cui il datore di lavoro può essere portato a risolvere rapporti di lavoro, individualmente o collettivamente, e che offra al dipendente una somma economica per incentivarlo ad accettare la risoluzione del lavoro.
Questo può succedere sia quando, ad esempio il datore di lavoro è in crisi e quindi proponga al dipendente di cessare l’attività lavorativa, oppure anche quando ci sono degli screzi e delle conflittualità tra le parti tali per cui è preferibile che si interrompa la relazione lavorativa.
Di norma, invece, quando il datore di lavoro non ha interesse a risolvere il rapporto e questo interesse lo ha solo il dipendente, è difficile che si riesca a ottenere un incentivo all’esodo.
Quantificare l’incentivo all’esodo è possibile?
Ciò detto, anche la quantificazione dell’incentivo all’esodo dipende da vari fattori. Ci sono sia fattori come la fondatezza del motivo alla base del quale il datore di lavoro vuol lasciare a casa il dipendente che fattori legati alle situazioni soggettive delle parti:
- Rientrano nei primi fattori ad esempio i casi in cui l’azienda è in crisi: la disponibilità a incentivare l’esodo di norma sarà inferiore.
- Tra i secondi casi rientra invece la mentalità, la solidità economica dell’impresa e il grado di litigiosità tra le parti.
- Di norma ci si può aspettare una disponibilità economica maggiore nelle imprese grandi e minore nelle piccole imprese.
- Questo è anche dovuto al fatto che il riferimento per quantificare l’esodo è rappresentato dalla misura del risarcimento del danno in caso di licenziamento, che è di norma maggiore nelle imprese grandi.
Ciò detto, è quanto mai necessario rivolgersi ad un Avvocato del Lavoro quando si tratta di incentivo all’esodo perché solo la competenza, la professionalità e l’esperienza possono dare una risposta su quale sia la giusta quantificazione dell’esodo.
Ebbene, fatta chiarezza sul concetto di esodo, veniamo ora alla tassazione.
Quale sarà la tassazione in caso d’incentivo all’esodo?
La risposta è facilmente reperibile nel Testo Unico Sulle Imposte, e in particolare agli articoli 17 e 19.
La prima norma prevede che sono assoggettate a tassazione “separata” le somme corrisposte in occasione della cessazione del rapporto di lavoro per incentivarne la risoluzione.
Tra queste somme rientra quindi l’incentivo all’esodo che è tassato “separatamente” rispetto agli altri redditi, il che vuol dire che non si somma a questi.
Quindi anche se un dipendente ha redditi elevati e proventi diversi (ad esempio affitti) questi redditi non si sommano, per calcolare la base imponibile, all’incentivo all’esodo.
Quanto alla misura della tassazione, la risposta si trova nel successivo art. 19. La tassazione dell’incentivo all’esodo è quella che si applica al proprio TFR.
La tassazione sul TFR non è facile da calcolare perché dipende da quanti anni di servizio ha il dipendente, da quale è il reddito medio dell’ultimo quinquennio e quale è la misura della rivalutazione.
In ogni caso, di norma, la tassazione va da un minimo di 23% a un massimo di 33%.
Il nostro Studio può essere di supporto a tutte le persone che si trovano a dover valutare un incentivo all’esodo e non solo per la quantificazione della tassazione ma per tutti quegli aspetti che possono sfuggire ai non addetti ai lavori.

Mi chiamo Andrea Mannino e sono un avvocato specializzato in Diritto del Lavoro.
Rivolgiti a me per qualunque problema legato alla sfera lavorativa.