Ultimamente non si sente parlare d’altro se non di Coronavirus; a prescindere dai delicati risvolti per la salute la diffusione di questo virus ha anche imposto alle autorità l’assunzione di provvedimenti molto pesanti per le attività di impresa.
In particolare, il Governo ha varato un decreto legge che consentiva alle autorità locali (Regioni e Comuni) di assumere iniziative di sospensione di tutte le attività ai fini di contenere la diffusione del contagio.
Alla luce di tale disposizione governativa, le amministrazioni locali hanno quindi disposto la chiusura o la limitazione all’esercizio di attività di imprese e imposto per taluni forme di quarantena presso il proprio domicilio.
Alla data di scrittura del presente articolo (25 febbraio 2020) la situazione è la seguente.
Per i lavoratori che sono costretti in quarantena il rapporto di lavoro è sospeso per cause di forza maggiore (imposizione di pubblica autorità). Se è vero che questa misura può forse contenere la diffusione del coronavirus è altresì vero che queste persone non sono nelle condizioni di lavorare e le aziende di ricevere le prestazione. Per quanto non siano state introdotte specifiche norme che disciplinano il caso, è bene ricordare che la forma del lavoro a domicilio è ammessa a fronte dell’accordo tra datore di lavoro e lavoratore. Se le parti sono d’accordo, quindi, questi soggetti potranno continuare a svolgere la propria attività e a essere remunerati. Se invece, per il tipo di attività svolta da queste persone, non è concepibile lo smart working, allora il rapporto è sospeso.
I lavoratori, in questo caso, hanno diritto alla retribuzione? La risposta, al momento, non si trova nella legge, che, però, probabilmente, verrà emanata. Il governo parla di introduzione di cassa integrazione ma al momento non è sicura l’introduzione di questa forma di sostegno. Alcuni contratti (ad esempio il commercio o pulizia industria) prevedono il caso della sospensione del lavoro per cause di forza maggiore e questo, forse, potrebbe essere il caso. Il problema è che in questi casi non spetterebbe al dipendente alcuna retribuzione. Non ci resta che aspettare per vedere quali soluzioni adotterà il governo per questi tempi di coronavirus.
Per i lavoratori che non risiedono nelle zone “rosse” ma si vedono sospendere l’attività per decisione del datore di lavoro (a scopo precauzionale per la diffusione del coronavirus), spetterà la normale retribuzione.
Per i lavoratori, infine, che pur non rientrando nelle zone “rosse” svolgono attività lavorative il cui esercizio è stato limitato dalle autorità (ad esempio gli addetti agli esercizi pubblici che devono chiudere entro le 18) la prestazione svolta andrà remunerata; per quella sospesa valgono le considerazioni di cui sopra per i lavoratori costretti “in quarantena”.
Insomma la situazione del coronavirus, già molto complessa per le conseguenza sanitarie, pare anche complessa per quanto riguarda la gestione del rapporto di lavoro.
Non ci resta che augurarci una rapida risoluzione della questione e una rapida ripresa delle attività di impresa