In questo articolo affronteremo il caso di un dipendente che presenti le dimissioni dopo essere stato sospeso dal lavoro per inidoneità, essendo quindi nelle condizioni di non poter prestare la propria attività per il periodo di preavviso prescritto.
Il periodo di preavviso assolve alla funzione di
attenuare le conseguenze pregiudizievoli dell’improvvisa cessazione dei rapporto per la parte che subisce l’iniziativa del recesso
(così, per tutte, Cass. 22 luglio 1977, n. 2897)
Infatti, scopo dell’indennità sostitutiva del preavviso è quello di risarcire colui “che subisce l’iniziativa del recesso” dai danni e/o dai pregiudizi che possa aver sofferto quando il periodo di preavviso non sia stato rispettato”.
Nel caso de quo, se il lavoratore è sospeso per inidoneità e rassegna le dimissioni, è chiaro che non può prestare alcuna attività lavorativa poiché sospeso, ed è quindi evidente che alcun danno possa derivare al datore di lavoro per il mancato preavviso. Il lavoratore sospeso per inidoneità, infatti, non è in forza presso l’azienda, peraltro, almeno in genere, in forza di una unilaterale decisione del datore di lavoro.
Al caso in questione peraltro trova applicazione quanto sancito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 7531/2010, secondo cui “Il preavviso dell’art. 2118 c.c. non trova applicazione, salvo diversa disposizione legale o contrattuale, quando l’esecuzione della prestazione di lavoro, dedotta in contratto, sia divenuta totalmente e assolutamente impossibile in relazione a specifiche mansioni […]”.
Ed in questo caso, l’impossibilità per il dipendente appare manifesta, se si considera che il dipendente che rassegna le dimissioni non è inidoneo allo svolgimento delle proprie mansioni.
Sempre per analogia può certo essere richiamata la sentenza n. 5568/2015 del Tribunale di Napoli, relativa ad una fattispecie di sospensione del rapporto per intervento della Cassa Integrazione, secondo cui
L’obbligo di preavviso per le dimissioni non trova applicazione nel caso in cui il rapporto di lavoro sia sospeso per collocazione in cigs del lavoratore, con la conseguenza che è illegittimo il comportamento del datore che trattenga dalle competenze di fine rapporto una somma a titolo di indennità di mancato preavviso.
Ciò in quanto la l. n. 223/91, all’art. 4 co. 9, prevede espressamente l’obbligo per il datore di lavoro, che procede al licenziamento del personale in cigs, di rispettare il periodo di preavviso, non prevedendo analogo obbligo per i dipendenti dimissionari. Pertanto, a parere del Tribunale di Napoli, “L’espressa previsione della vigenza dell’obbligo del preavviso anche in caso di rapporto sospeso per intervento C.I.G.S. solo in capo al datore di lavoro depone, ad avviso di questo giudice, nel senso di una esclusione per quanto riguarda il lavoratore in base al canone ermeneutico: “ubi lex voulit dixit”.
La ratio sottesa al caso in esame ed al caso de quo è, evidentemente, la medesima: il lavoratore si ritrova, infatti, nell’impossibilità di rendere l’attività lavorativa per volontà del datore di lavoro senza, peraltro, percepire alcuna retribuzione; nulla dice, inoltre, la legge sul rispetto del periodo di preavviso in caso di dimissioni del lavoratore sospeso.
Nella nota a tale sentenza, la dottrina sviluppa inoltre un ulteriore argomento a sostegno di quanto finora svolto: egli, prendendo le mosse dalla condizione in cui versava il lavoratore (invalidità civile al 100%), nel caso definito con la sentenza di cui sopra, argomenta che, effettivamente, tale lavoratore “non avrebbe potuto dare alcun preavviso al proprio datore di lavoro”, posto che “egli era impossibilitato a rendere qualsivoglia prestazione lavorativa”.

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Buongiorno, sono Zanchi Federica e lavoravo per una casa di cura come OSS, nel 2021 sono stata sospesa perchè contraria al vaccino Covid , un mese fa mi sono licenziata perchè ero stata assunta in prova come operaia, quando sono andata a prendere il tfr ho avuto una amara sorpresa, su 3000 euro che mi spettavano ho preso 500 euro come è possibile?
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