Licenziamento: quale rito applicabile?
La corte di appello di Milano, nella sentenza n. 1897/19 dell’8 gennaio, fa un attimo il punto su una questione assai complessa relativa all’individuazione del rito applicabile in caso di un licenziamento e alle possibilità di conversione del rito del licenziamento da parte del giudice. Partiamo analizzando la massima: Il ricorso per l’impugnazione del licenziamento depositato tempestivamente ma dichiarato inammissibile per ragioni connesse al rito prescelto è idoneo ad impedire la decadenza prevista dall’art. 6, c. 2, l. 604/66 ed il lavoratore potrà pertanto riproporre il ricorso, con il rito appropriato, anche dopo lo spirare del termine. Inoltre, qualora una causa sia introdotta erroneamente con il Rito Fornero o con il ricorso ex art. 414 c.p.c. il Giudice deve disporre il mutamento del rito e non dichiarare l’inammissibilità del ricorso.
Come noto la legge Fornero (l. 92/12) ha introdotto un rito speciale e diverso rispetto a quello ordinario per le controversie aventi ad oggetto l’art. 18 dello statuto dei lavoratori, anche per i casi in cui devono essere risolte questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro.
Nel caso in esame i lavoratore aveva proposto ricorso avverso il licenziamento con il rito fornero, benchè assunto nel 2016, perché vantava una anzianità precedente al 2015 in forza di un accordo sindacale.
Il giudice di primo grado ha dichiarato inammissibile il ricorso e il lavoratore ha ripresentato la causa con il procedimento ordinario.
La corte di appello ha ritenuto tempestivamente depositata la causa anche se fuori dai termini indicati dalla legge, sulla base del fatto che tempestivamente era stato depositato il precedente ricorso fornero per la dichiarazione di illegittimità del licenziamento.,
La corte interviene anche sul tema mutamento rito, sostenendo che il giudice debba convertirlo se errato.
Trattasi comunque di una vicenda dibattuta in giurisprudenza.